Recensione: Zendar di Laura Fiamenghi

Ho iniziato Zendar – Principe Guerriero per puro caso, ero in vena di un bel fantasy romance e dopo la fugace, e splendida aggiungerei, visione del protagonista maschile, creata dall’autrice, sono corsa a cercarlo.

Il mondo che conoscevamo non esiste più, spazzato via da una guerra che ha lasciato i pochi sopravvissuti profondamente cambiati. I più fortunati vivono nelle rare città circondate da distese di sabbia; gli altri, i mutanti, quelli che hanno accusato il peggio delle radiazioni, vengono tenuti a distanza, ma in realtà sono i più liberi. Capaci di viaggiare nel deserto e sopportare la calura, nonché affrontare i mostri che abitano quei granuli dorati, gli Zendar hanno il controllo sui viaggi umani e non solo.

Guardiara è una delle città superstiti, la cui popolazione è prettamente maschile, una delle conseguenze delle radiazioni post Caduta, ma al potere c’è una donna. Tra il suo seguito, facciamo la conoscenza della protagonista femminile Ashka, un’Ancella dell’Imperatrice, che verrà incaricata di scortare la principessa in un’altra città. Il viaggio nel deserto è pieno di pericoli, ma gli Zendar saranno lì a proteggere l’intero entourage umano.

Ashka però la notte prima della chiamata dell’Imperatrice, trasgredisce alle regole per aiutare una sottoposta e fa la conoscenza di Zarek, il maestoso mutante dalla pelle grigia e dalla chioma argentea che attirerà la sua attenzione.

«Voglio un bacio» ripete sicuro con tono ancora più graffiante. «Un bacio d’addio che mi lasci un ricordo della più bella umana che abbia mai incontrato.»

***

«Un bacio? Tutto qui?»

«Ti sminuisci, bambolina.»

L’ho praticamente divorato in un pomeriggio, la scrittura è scorrevole, non ci sono momenti noiosi e i protagonisti sono incantevoli. Askha è altruista e non esita a mettersi in pericolo per salvare gli altri. Non so perché ma inizialmente pensavo che l’avrei odiata, invece mi sono ricreduta. Zarek è un mistero, protettivo e generoso, riesce a conquistare con la sua sola presenza.

Se dovessi trovare un difetto sarebbe probabilmente il modo in cui sono organizzate le città umane che non mi è sembrato originalissimo, ma questa minuscola macchia viene spazzata via dall’intera storia e dai personaggi. L’ambientazione orientaleggiante poi regala quel tocco in più, quel fascino che ha contribuito a farmene innamorare.

Il prologo è bastardissimo, crea un’attesa e curiosità che alla fine del primo libro non vengono soddisfatte, sì perché l’autrice lo conclude con un cliffhanger così improvviso che è stato come ricevere una porta in faccia. Ti perdono solo perché il secondo e ultimo volume della storia (ma non della serie) è già uscito e sto per iniziarlo.

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