A distanza di molti anni, Rick Riordan torna con un nuovo capitolo della saga di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo: Il calice degli dei.
È strano quello che avviene quando i tuoi genitori ti accettano, ti sostengono e presumono che tu faccia la cosa giusta. Finisci di avere voglia di fare la cosa giusta. Almeno questa è la mia esperienza, ed è di me che stiamo parlando. Mia madre ha più motivi per preoccuparsi della maggior parte dei genitori.
In questo libro, Percy è cresciuto, non ha più dodici anni ma diciassette e sta cercando di finire il liceo per poter andare all’università New Rome University con Annabeth, la ragazza che ama, nonché figlia di Atena.
Dopo aver salvato molte volte il mondo, vorrebbe starsene un po’ tranquillo, ma, ovviamente, essendo il figlio di Poseidone, non può iscriversi normalmente al college. No, deve ricevere delle lettere di presentazione da parte di tre divinità diverse (suo padre non conta, troppo facile) e compiere altrettante imprese.
Gli dei dell’Olimpo sono dei veri burloni e rompiscatole. Questa clausola, infatti, vale solo per lui, quando si dice che la famiglia ti vuole bene. A ingaggiarlo inizia Ganimede, il coppiere di Zeus, che ha perduto il prezioso calice con il quale serve da bere a tutte le divinità, in tutti i luoghi, in tutti i tempi, in tutti i modi…
Percy, Annabeth e il loro migliore amico satiro Grover si lanciano nell’impresa di scoprire chi ha rubato la coppa e di restituirla al legittimo proprietario che sta sudando fuoco greco nell’attesa di riaverla con sé. Il dio rischia di essere umiliato dai suoi compari e soprattutto fatto fuori da Zeus. Ma tale oggetto è importante anche per un altro motivo: un solo sorso dal calice garantirebbe a chi se ne impossessa l’immortalità. Non può finire nelle mani sbagliate. Un compito da niente, no?
Ai ragazzi accadrà come al solito di tutto, dal combattere in una sala giochi magica contro delle galline killer, pulire bastoni nel fiume dove fanno il bagno i serpenti, fare incontri di lotta, ecc.
Il trio delle meraviglie colpisce ancora. La forza della loro amicizia li salverà da più di un guaio e capiranno che non bisogna aver paura dello scorrere del tempo: è semplicemente la vita che va avanti, e per loro è una vera impresa… sopravvivere a tutti i mostri che li vogliono uccidere e ai giochetti degli dei, gelosi l’uno dell’altro e che considerano i loro figli come animaletti da compagnia a cui dare i loro avanzi.
Annabeth è sempre la solita sapientona, ma spinge Percy ad andare avanti e a non arrendersi. Grover mi ha intristito, è un po’ depresso perché non andrà con gli amici al college e sa che gli mancheranno tanto.
Le divinità sono sempre le solite: hanno un oggetto magico che perdono e poi chiedono a uno dei loro discendenti di recuperarlo. Mi è piaciuto scoprire che Poseidone, forse uno tra i pochi, segue e vuole bene a suo figlio e cerca di aiutarlo come può. Zeus, invece, è un vero e proprio egocentrico narcisista e Atena forse forse ha accettato la relazione tra Percy e Annabeth.
È stato bello leggere queste sue nuove dis-avventure e non saranno le ultime: le lettere devono essere tre e lui ne ha ricevuta solo una!
Il libro è divertente e scorrevole, scritto con un linguaggio semplice adatto ai ragazzi. Anche gli argomenti più seri vengono affrontati in modo leggero.
